giovedì 30 maggio 2013

LIBEROS DI SOGNARE


Sono felice di tutto quello che è mi capitato da quando ho annunciato l'uscita del mio primo romanzo in libreria. 
DOMANI SARÀ UN GIORNO PERFETTO è diventato un libro grazie alla Farnesi Editore e alla mia editor Federica Gnomo. 
Amici, conoscenti e persino perfetti sconosciuti/e mi hanno cercato, salutato, stimolato con il loro entusiasmo. 
Ho tenuto il segreto per mesi (sono un bravo lupetto) e ora, dopo tante notti insonni, posso finalmente vivere questo momento senza paure o insicurezze. 
La mia creatura è quasi nata... ha rotto l'uovo... ed è pronta a conquistare l'universo (quanto grande ed esteso ancora non posso saperlo!).

Ieri ho ricevuto anche l'email di accettazione da parte dell'associazione LIBEROS dopo mesi di attesa.
Ho potuto creare la mia "pagina autore" sul loro sito e iniziare a inserire i libri che amo nella mia libreria virtuale. Per vedere la mia pagina cliccate QUI.
Liberos è un'associazione, una comunità di lettori, autori, bibliotecari, librai che amano i libri, li diffondono e li sostengono con iniziative, eventi e molteplici progetti. Libri pubblicati da case editrici non a pagamento, ovviamente, che cercano un loro spazio nell'immenso e complesso mondo dell'editoria italiana. 

Sono felice di partecipare con il mio piccolo libro a un progetto così bello e ambizioso.
La nostra madrina speciale è la scrittrice Michela Murgia. 
Non so se mi spiego! 

Presto vi aggiornerò su tutto quello che girerà intorno al mio libro. 
Presentazioni, eventi e... sorprese... tante sorprese. 

Grazie ancora a tutti.

martedì 28 maggio 2013

DOMANI SARÀ UN GIORNO PERFETTO di CARLO DEFFENU


E finalmente posso dirvelo... i primi di giugno (data indicativa il 5 giugno) esce il mio primo romanzo in formato cartaceo grazie a una piccola casa editrice molto battagliera.
La FARNESI EDITORE ha amato il mio romanzo finalista al Torneo 2011 organizzato da GeMS (uscito soltanto in versione ebook) e lo ha scelto per inaugurare la sua collana di narrativa BLUINCHIOSTRO.
Tutto ha avuto inizio in tempi non sospetti  grazie alla passione di Federica Gnomo, una cacciatrice di storie  instancabile che mi ha tenuto d'occhio e mi ha spinto a crederci e a non mollare mai la presa.
Il romanzo è stato riscritto con l'aggiunta di due nuovi capitoli e dopo mesi di dubbi e sudore, ora posso dire, senza paura di smentite, che la storia ha trovato una strada nuova, imprevedibile e, almeno per me, sorprendente. 
Pensavo di aver detto tutto quello che c'era da dire e invece... be', mi sbagliavo... eccome se mi sbagliavo!

Vi aggiornerò molto presto su presentazioni, incontri e iniziative di ogni genere... in attesa, ovviamente, dei vostri commenti e del vostro parere.

Ecco qui sotto la cover completa.


 P.S. - Grazie al mio angelo. Il cielo non è mai stato così luminoso come in questi ultimi giorni.

P.S. 2 - "In culo alla balena!"... per sicurezza me lo dico da solo. 



domenica 26 maggio 2013

È SEMPLICEMENTE AMORE di MAX BOSSO



Il romanzo di Max Bosso, intitolato “È semplicemente amore”, è un libro ingannevole. Lo è involontariamente, perché il titolo e la copertina ti fa pensare a un certo tipo di storia (un amore adolescenziale tra due ragazzi… uno italiano e uno tunisino) e invece, sebbene parli anche d’amore, di desiderio e di fusione di corpi e menti, è molto di più di tutto questo. È un canto d’amore… una fuga verso un’idea di felicità e libertà che possiamo anche chiamare “utopia” o, se vogliamo, “Visione”… come nel racconto “Sulla collina nera” di Chatwin, dove due gemelli passano tutta la vita insieme dentro una fattoria che si chiama “Visione”, e lì dentro nascono, diventano grandi, invecchiano e muoiono. Dentro quella visione si bastano e si completano e nessuno, donne comprese, è ammesso e voluto.  La vita è tutta concentrata e distillata in un luogo che diventa mondo, universo, inizio e fine.  
Max Bosso è abile nel seguire le avventure di Tommy e Said, attento nel perlustrare i movimenti del cuore, della mente e del corpo; un corpo mai negato, un corpo sempre esplorato e desiderato. Perfetti i dialoghi che ci lasciano entrare nella storia con leggerezza e lucidità e le descrizioni ambientali. 
Alcuni passaggi sono molto cinematografici (il ritrovamento della carcassa del maiale che segnerà i ricordi del protagonista) e non è difficile “vedere” la storia e seguire i pensieri più segreti di Tommy.
“Quando non capiamo gli altri, non si deve pensare che sono strani”  dice Said quasi alla fine del romanzo al suo amico-amante Tommy che non capisce le parole misteriose del ragazzo tunisino. 
In questa frase ho trovato il senso di molti rapporti umani e con forza mi ha fatto soffermare sullo sguardo che io stesso proietto sul mondo che mi circonda.

“È semplicemente amore” è un romanzo misterioso, ampio, ellittico, imperfetto, evocativo, utopico e terribilmente carnale.  
Ho intervistato l’autore per scoprire qualcosa di più della genesi del libro e conoscere meglio le sfumature della persona che si nasconde dietro una penna così acuta e sensibile.


Ciao, Max. Il tuo romanzo è stato un finalista al premio Calvino. Ci racconti com’è andata e come hai vissuto questo importante risultato?
Quando la notizia mi è stata comunicata, per telefono, ero molto emozionato, non avevo idea di cosa sarebbe capitato in seguito e immaginavo tutto e il contrario tutto. Poi però ho capito quasi subito che indulgere troppo alle fantasie non avrebbe fatto del bene né a me, né al romanzo, così mi sono imposto una dose di sana leggerezza e ho semplicemente lasciato che le cose accadessero.

L’idea del romanzo come è nata e com’è cresciuta dentro la tua testa?
L’idea è nata e ha preso corpo dall’esigenza di raccontare i luoghi della mia vita, che sono la Sardegna e Torino. Curiosamente, dopo essermi traferito in Piemonte, ho iniziato a immaginare la Sardegna e, allo stesso modo, ogni volta che sono in Sardegna, immagino Torino. Parlo d’immaginazione, e non di ricordo, perché quando non mi trovo fisicamente in un luogo che mi appartiene, quel luogo prende vita nel mio pensiero e assume contorni, colori e caratteri che non esistono nella realtà. Per quello che mi riguarda, è in questa incongruenza tra il mondo vissuto e il mondo rivissuto con l’immaginazione che risiede l’origine di ogni storia.

Leggendolo viene spontaneo chiedersi quanto ci sia di autobiografico nella storia. Ci hai messo un po’ di te e del tuo mondo o si tratta di pura finzione narrativa?
Si tratta di pura finzione narrativa. Eppure non c’è riga del romanzo che si sottragga all’incombenza di raccontare me e il mio mondo. Non so dirti come questo accada, ma credo sia un elemento comune a molti scrittori.

Il tema del romanzo è l’amore… ma anche la fuga e l’utopia che si possa vivere lontani dal mondo. Il cambio di titolo devia l’attenzione e spinge verso una direzione un po’ ingannevole. “La qualità del dono” era un titolo molto più poetico ed evocativo. Tu cosa volevi raccontare… cosa ti ha spinto a scrivere proprio questa storia?
Nella tua domanda ci sono due parole per me molto importanti: fuga e utopia. Credo che tu, scegliendole, abbia individuato i due veri motori del romanzo. Io aggiungerei la parola desiderio. Desiderio di fuga e desiderio di utopia, ma anche desiderio inteso nella sua accezione più carnale. Credo che la storia di Tommy e Said rappresenti un raccordo tra molti dei temi che tutti noi, nella nostra esperienza quotidiana, siamo naturalmente portati ad associare a queste tre parole.

Magistrali sono le descrizioni di luoghi e paesaggi. Lo Sperone del Gigante diventa una sorta di isola nell’isola… un luogo dove i personaggi si cercano, si perdono e si ritrovano. Come hai scelto il teatro della loro fuga impossibile?  E’ un luogo della memoria?
È un luogo della memoria, sì. E si trova in Ogliastra, la regione più aspra e violenta della Sardegna. La più vitale, la più evocativa, la più erotica. Immagino l’Ogliastra e soprattutto quella particolare zona dell’Ogliastra che racconto nel romanzo, come la testa e il cuore dell’isola. Vi hanno sede la memoria e l’anelito alla vita. Pulsano in Ogliastra valli profondissime, montagne antiche, boschi sacri e scorci di mare: tutto, in Ogliastra, grida bellezza.

Il romanzo è ambientato a Torino e in Sardegna.  Hai letto qualche autore sardo dell’ultima generazione e se sì chi ammiri di più?
Ne ho letto molti. E credo non esista uno solo degli autori sardi che conosco e che non influenzi la mia scrittura: Soriga per lo sguardo cinematografico, Lecca per l’indagine introspettiva, Fois per i movimenti di trama, Murgia per la naturale affezione alla tradizione antropologica dell’isola. E poi Niffoi, che ha scritto pagine d’inarrivabile splendore e sprigiona poesia in ogni nuovo romanzo e che quasi m’imbarazza citare in un’intervista dove si parla del mio romanzo. 

Letteratura gay. Cosa ne pensi? Esiste o è solo una definizione vuota di senso?
Fatico ad associare quest’espressione al mio romanzo. E il problema non è l’aggettivo gay, ma la parola letteratura. Forse la “letteratura gay” esiste in senso scientifico, è cioè una letteratura sociologica, antropologica e filosofica che affronta temi vicini a quelli che, spesso sbagliando, si considera siano gli interessi primari della comunità omosessuale. Considero “letteratura gay” la lettera che un diciasettenne disperato ha inviato alla redazione di Repubblica qualche giorno fa. Considero “letteratura gay” alcune poesie di Sandro Penna e alcuni discorsi di Don Gallo.  Considero “letteratura gay” quelle opere che sono state scritte con l’intento dichiarato di affermare valori politici e civili. Il mio romanzo, e tutti gli altri che gli sono in qualche modo affini, sono soltanto storie. 

La copertina perfetta per il tuo libro sarebbe stata…? Un’immagine che hai in testa.
Nessuna. Mi piace moltissimo la copertina del mio romanzo!

Quali sono i libri che ti hanno cambiato la vita?
Te ne dico solo due, perché a dirne di più si rischia di  essere noiosi: Lolita, di Nabokov e Il giorno del giudizio, di Satta. Anzi, facciamo tre e aggiungi Pastorale americana, di Roth.

Puoi descriverci la tua giornata tipo?
Lavoro, scrivo, studio, vedo gli amici, di solito all’ora dell’aperitivo. La mattina mi piace svegliarmi molto presto e non faccio quasi mai tardi la sera, perché voglio dedicare sempre un po’ di tempo alla lettura.

Scrivere è?
Un brutto vizio.

Una cosa che speri che esista?
Un’estate senza zanzare farebbe di me l’uomo più felice del mondo.

Un personaggio dei fumetti che vorresti come amico?
Mafalda.

Il cattivo perfetto?
Lucy, l’amica di Charlie Brown.

Quanto curi i personaggi di contorno? Io ho trovato magistrale il signor Paolino.
Quello delle “comparse” è un problema che mi sta molto a cuore. L’attenzione che un autore, o un regista cinematografico, riserva alle comparse è a mio avviso molto indicativa dell’amore che nutre per la sua opera. I personaggi di contorno sono come i bottoni per il sarto. Non puoi sceglierli a caso, devi attaccarli bene e gli devi creare delle asole proporzionate, non troppo larghe, né troppo strette. Altrimenti, come una giacca o un cappotto, la storia non riuscirà mai a chiudersi.

Caffè in cialda o moka?
Al bar. Sempre.

Tre libri letti nel 2012 che consiglieresti a chi ti legge?
La cena, di Herman Koch. Di cosa parliamo quando parliamo di Anne Frank, di Nathan Englander. Obbedienza e libertà, di Vito Mancuso.

Hai mai fatto una sorpresa a qualcuno?
Ma sì, come tutti. Però devo essere sincero: non mi sono mai venute tanto bene. Non sono portato per le sorprese. Né per farle, né per riceverle.

Cosa ti auguri di raggiungere nel prossimo futuro?
Non mi dispiacerebbe smettere di fumare. Ma non lo vedo come un obiettivo tanto raggiungibile, non finché continuerò a scrivere.

Biografia in una playlist?
Infanzia: La sigla di Occhi di gatto
Adolescenza: Another Brick in the wall, dei Pink Floyd
Età adulta: Sogno, di Gianna Nannini

Mai compiuto illegalità nel nome della cultura?
Se lanciare insulti all’indirizzo di un ministro durante una manifestazione è illegale, allora possono mettermi dentro e buttare la chiave.

Feticismi tecnologici?
L’Iphone è obiettivamente un bell’oggetto. Non so se è il caso di parlare di feticismo, ma non me ne separo mai molto volentieri.

Cosa ami e odi del web?
Amo la possibilità di costruire relazioni. Odio l’impossibilità di approfondirle.

Un gesto politico importante?
Cito una delle nostre “mamme costituenti”, Teresa Mattei:  l'unica volta che misi del rossetto fu per mettere una bomba.

La frase scusa preferita?
“Ho un lavoro urgente da finire”. Di solito non c’è né il lavoro, né l’urgenza di finirlo.

Un posto dove ti senti sempre “a casa”?
Il bar Macchi di Piazza Dante, a Pisa.

A 13 anni cosa volevi fare?
È banale, lo so. Ma volevo scrivere. E lo facevo. Molto male, ma lo facevo.

Hai per un giorno il potere assoluto: la prima cosa che fai?
Porto indietro il tempo e dico un sacco di sì.

Se la tua vita fosse un film, chi sarebbe il regista?
Forse Tim Burton. M’imbatto costantemente in situazioni grottesche.

Come spiegheresti a un bambino la parola “felicità”?
Abbracciandolo stretto e dicendogli all’orecchio: avrai una vita bellissima, potrai sempre contare su di me.

La tua casa brucia… cosa salvi?
Il mio Mac. Cos’altro?

La volta che hai riso di più?
Mi piace ridere, mi piace giocare, mi piace fare gli scherzi.  Mi piace vivere l’allegria, in un modo che, raccontandolo, perderebbe di forza  e di significato.

Una cosa che non hai mai capito della gente?
L’incapacità di guardare oltre se stessi e i propri interessi.  La capirei se fosse una scelta egoistica, ma credo che il più delle volte si tratti, molto banalmente, di pigrizia.

Una cosa che volevi e non hai avuto?
L’autocontrollo. Parto in quarta un po’ troppo spesso. Ma sono sardo, devi capirmi.

Cosa c’è sempre nel tuo frigo?
Il vuoto. Un vuoto deprimente, angosciante. Mangio sempre fuori casa.

Una cosa stupida che non riesci a smettere di fare?
Fumare.

Icone moderne?
Quand’ero più piccolo ne avevo diverse: nella musica, nel cinema, nella letteratura.  Adesso, che sono mediamente più disilluso, è diventato più difficile riuscire a convincermi del fatto che, talvolta, dietro un’icona, possa esserci del contenuto.

Chi inviteresti alla cena dei tuoi sogni?
Inviterei i miei nonni. Perché non ci sono più e mi manca moltissimo il modo in cui riuscivano a incoraggiarmi e a farmi sentire speciale.  So che nella mia vita non arriverà mai nessuno che sarà capace di proteggermi come facevano loro e so anche che se ci penso troppo, potrei cominciare a piangere e non smettere per ore.

Se alzi gli occhi e guardi il cielo…cosa vedi?
Vedo un cielo d’estate, macchiato di nuvole grasse e piene di luce, che corrono verso il mare e scompaiono all’orizzonte. Amo questo cielo, non mi ha mai tradito.

***
Ringrazio Max Bosso per la gentilezza e la grande disponibilità. 
Vi ricordo che il libro è pubblicato da EdizioniAnordest e costa 13,90 euro.


sabato 25 maggio 2013

IL PAESE SOGNATO

                        

"Caro direttore, questa lettera è, forse, la mia unica alternativa al suicidio. Ciò che mi ha spinto a scrivere è la notizia di un gesto avvenuto nella cattedrale parigina. Un uomo, un esponente di destra, si è tolto la vita in modo eclatante sugli scalini della famosa chiesa per manifestare il proprio disappunto contro la legge per i matrimoni gay deliberata dall'Assemblea Nazionale francese.


Nonostante gli insegnamenti dalla morale cristiana, io ritengo che il suicidio sia un gesto rispettabile: una persona che arriva a privarsi del bene più prezioso in nome di una cosa in cui crede, merita molta stima e riguardo; ma neppure questa considerazione riesce a posizionare sotto una luce favorevole quello che mi appare come il gesto vano di un folle. La vita degli altri continua anche dopo la fine della nostra. Siamo destinati a scomparire, anche se abbiamo riscritto i libri di storia. Morire per opporsi all'evolversi di una società che tenta di diventare più civile è ottusità e evidente sopravvalutazione delle proprie forze.


Il Parlamento italiano riscontrando l'epico passo del suo omologo d'oltralpe ha subito dichiarato di mettersi in linea per i diritti di tutti. Una promessa ben più vana del gesto di un folle. Tutti sappiamo come il nostro Paese sia l'ultimo della classe e che non ci tenga ad apparire come il più progressista. Si accontenta di imitare o, peggio ancora, finge di farlo. La cultura italiana rabbrividisce al pensiero che due persone dello stesso sesso possano amarsi: perché è contro natura, perché è contro i precetti religiosi o semplicemente perché è odio abbastanza stupido da poter essere italiano. Spesso ci si dimentica che il riconoscimento dei matrimoni omosessuali non significa necessariamente affidare a una coppia "anormale" dei bambini ma permettere a due individui che si vogliono bene di amarsi. In questo consiste il matrimonio, soprattutto nella mentalità cattolica. E allora perché quest'ostinata battaglia?

Io sono gay, ho 17 anni e questa lettera è la mia ultima alternativa al suicidio in una società troglodita, in un mondo che non mi accetta sebbene io sia nato così. Il vero coraggio non è suicidarsi alla soglia degli ottanta anni ma sopravvivere all'adolescenza con un peso del genere, con la consapevolezza di non aver fatto nulla di sbagliato se non seguire i propri sentimenti, senza vizi o depravazioni. Non a tutti è data la fortuna di nascere eterosessuali. Se ci fosse un po' meno discriminazione e un po' più di commiserazione o carità cristiana, tutti coloro che odiano smetterebbero di farlo perché loro, per qualche sconosciuta e ingiusta volontà divina, sono stati fortunati. Io non chiedo che il Parlamento si decida a redigere una legge per i matrimoni gay - non sono così sconsiderato - chiedo solo di essere ascoltato.

Un Paese che si dice civile non può abbandonare dei pezzi di sé. Non può permettersi di vivere senza una legge contro l'omofobia, un male che spinge molti ragazzi a togliersi la vita per ritrovare quella libertà che hanno perduto nel momento in cui hanno respirato per la prima volta. Non c'è nessun orrore ad essere quello che si è, il vero difetto è vivere fingendosi diversi. Noi non siamo demoni, né siamo stati toccati dal Demonio mentre eravamo in fasce, siamo solo sfortunati partecipi di un destino volubile. Ma orgogliosi di esserlo. Chiediamo solo di esistere."

***

Questa è la lettera scritta da un ragazzo di 17 anni, di nome Davide Tancredi, inviata a La Repubblica e pubblicata dal giornale. Sono parole forti, intense... scritte da un adolescente che chiede semplicemente il diritto di esistere con dignità e rispetto a una società italica ottusa, vecchia, inutile e insensibile. 
Non concordo con tutto quello che scrive Davide. Alcune frasi stonano con la grande bellezza del suo messaggio ("siamo solo sfortunati partecipi di un destino volubile" ... "Non a tutti è data la fortuna di nascere eterosessuali"), ma tralasciando questi passaggi discutibili, colpisce la lucidità e la profondità di questo ragazzo non ancora maggiorenne. Le sue parole insegnano ai nostri politici cosa sia il senso dello Stato e del Diritto. L'omofobia è molto diffusa e si manifesta nei piccoli soprusi quotidiani, nei silenzi prolungati, nelle esclusioni, nelle prese in giro... e troppo spesso esplode nella violenza, una violenza concreta che non risparmia nessuno. 
Ragazzi e ragazze... uomini e donne. 
Ammiro questo giovane uomo e gli dico di essere orgoglioso di essere quello che è... non si nasce sbagliati... si nasce per andare incontro al proprio destino... unico e irripetibile.

Ps. sarebbe bello che i giovani potessero trovare qui, nel loro paese, la terra fertile dove crescere, amare, studiare, progredire e... lavorare. 
Sarebbe bello... già!

venerdì 24 maggio 2013

LE PRESENTAZIONI NON SONO PENSATE PER I CAMERIERI


In questi giorni di immobilità coatta (la bilancia inizia a dire la sua) ho potuto girovagare tra siti e blog per passare il tempo. 
Ero sicurissimo che avrei usato questi giorni per iniziare il nuovo romanzo e invece, la gamba, i dolori, i problemi logistici, il nervosismo, hanno spento tutti i miei slanci creativi.
Dicevo: curiosando in giro ho scoperto tante nuove iniziative interessanti. 
Corsi di scrittura creativa e di critica letteraria, laboratori di fotografia, mostre e infine... una valanga di presentazioni di libri in librerie e biblioteche. 
Escludendo l'infortunio che mi impedisce di partecipare in questi giorni a qualsiasi iniziativa culturale, ho capito (da tempo in realtà) che le presentazioni non sono pensate per i camerieri. 
Puntualmente sono organizzate di venerdì o di sabato e noi siamo tagliati fuori per ovvie ragioni. 
Anche il lunedì, il martedì e il mercoledì per me sarebbe impossibile partecipare. 
Il mio giorno di riposo è il giovedì e, credetemi, in quel giorno, se sono fortunato (e io non lo sono) posso trovare al massimo un corso di bricolage creativo organizzato dalle suore orsoline. 
Che ci andrei pure, eh... tanto per non sentirmi sempre tagliato fuori dalle cose del mondo.
Tutto succede sempre quando io sono al lavoro.... sempre!

Ora, a giorni, inizia a Sassari GIALLO NOIR, una rassegna organizzata dalla Libreria Azuni di Emiliano Longobardi e io rosico. Ma rosico proprio tanto tanto.


Ecco cosa scrive Emiliano nella pagina facebook della libreria.

Anche quest'anno tornerà "GialloNoir - Brividi d'estate", la nostra piccola rassegna dedicata alla narrativa di genere. Dopo le precedenti edizioni, dedicate ai temi "Italia criminale", "Sardegna criminale" e "Scritture e generi di confine", per questa quarta rassegna ci concentreremo su "Tutti i colori del nero".

Questi sono alcuni appuntamenti segnalati in anteprima nella pagina: 

Il primo ospite della nostra piccola rassegna, Venerdì 7 Giugno, sarà il padovano Matteo Strukul, autore di "La ballata di Mila" e "Regina nera", due romanzi al fulmicotone usciti per Edizioni E/O nella collana SabotAge, ideata da Massimo Carlotto e curata da Colomba Rossi.


 Il secondo ospite, Venerdì 14 Giugno, sarà il genovese Riccardo Gazzaniga, autore di "A viso coperto" (Einaudi), romanzo d'esordio vincitore del Premio Calvino 2012 e dedicato al violento conflitto tra poliziotti e ultras.


Venerdì 21 Giugno, sarà la volta di un altro genovese (di origini ploaghesi), Marco Cubeddu, che ha recentemente esordito in Mondadori con "C.U.B.A.M.S.C. - Con una bomba a mano sul cuore", una pirotecnica e picaresca storia veramente falsa di falso amore.



E qui mi fermo... anche se forse, non lo so ancora, ci saranno altre presentazioni in cartellone... ovviamente sempre di venerdì.

Io, in via ufficiale, ho scritto a Emiliano Longobardi e gli ho confessato una semplice verità: "Caro Emiliano... ho deciso: io ti odierò per tutta la vita!"

giovedì 23 maggio 2013

CORAL GLYNN di PETER CAMERON


L'ultimo romanzo di Peter Cameron, uscito in Italia in contemporanea con l'uscita americana, è una storia ambientata nella primavera del 1950 in un'Inghilterra piovosa, umida, oscura... ancora ferita dalla guerra nel corpo e nello spirito. 
Ci sono fratelli morti in guerra e ci sono uomini tornati dal fronte con menomazioni e fantasmi invadenti. 
La protagonista del romanzo, Coral Glynn, è una graziosa infermiera sola al mondo. 
I suoi genitori sono morti, suo fratello, come si diceva prima, è morto in guerra... la sua realtà è fatta di case di estranei dove lei arriva per curare un malato terminale e vi rimane giusto il tempo di alleviare gli ultimi giorni dell'anziano sofferente. 
Tutte le volte è un nuovo inizio, una nuova partenza.
Qualcosa sembra cambiare solo quando Coral arriva a villa Hart per assistere una vecchia signora malata di cancro. Nella grande villa vivono anche il figlio Clement, un uomo taciturno e di bell'aspetto, rimasto ferito in guerra, e una governante ben poco cordiale con la bella infermiera.
Qui, Coral, cerca una nuova normalità... un nuovo nido dove sentirsi al sicuro dagli artigli affilati del mondo, e il suo arrivo smuoverà i sensi sopiti di Clement, chiuso nel suo dolore e impossibilitato ad amare per una confusione emotiva che il suo amico Robin non lo aiuta a dipanare, cercando un contatto ormai impossibile.
Si intuisce che tra i due, in gioventù, è successo qualcosa di importante. Ma se Robin, sebbene sposato, vive ancora nel ricordo di quell'antica passione, Clement, si lascia solo accarezzare dai riflessi di un errore passato. 
Villa Hart è circondata dalla Foresta Verde, un intricato bosco dove Coral ama spesso passeggiare nei pochi momenti liberi che le concede il suo lavoro. Qui, tra le foglie fitte di un agrifoglio, un giorno, vedrà una scena che devierà il corso del destino. 
Poco giorni dopo, il delitto di una bambina, scuoterà l'atmosfera immobile della piccola cittadina e Coral, proprio il giorno del suo matrimonio con il maggiore Clement - celebrato dopo l'improvvisa morte dell'anziana madre - verrà travolta dagli eventi e sarà costretta a fuggire verso Londra per evitare l'arresto. 
Cameron è bravissimo a tratteggiare i personaggi e a renderli vivi con dialoghi sempre perfetti e sincronizzati con ironia. Un'ironia tagliente, dolorosa, spesso disarmante.
I suoi personaggi sono anime sofferenti che inseguono un ricordo, un sogno, una vaga speranza. Piccoli volatili feriti che sbattono le ali sempre più deboli per non venire inghiottiti dalle acque gelide di uno stagno putrido.
Il soggiorno di Coral a Londra, complice il gesto egoista di Robin che nasconde le lettere della ragazza e non le consegna al suo amico Clement, novello sposo trepidante e sconsolato, porterà la nostra eroina a una nuova consapevolezze di sé, all'incontro con un giovane polacco dal fascino sfrontato e le idee molto chiare (la scena della seduzione notturna nella pensione della madre del ragazzo è tra le più comiche e dirette che ho letto nella mia vita) e a una nuova idea di possibile felicità. 
Sono molte le scene che restano impresse nella memoria.
Piccoli particolari che rimangono lì, incastonati tra i pensieri, fulgidi come pezzi di vetro tra la sabbia arroventata dal sole. 
Inutile dirvi che Peter Cameron è un autore che stimo moltissimo.
E come ho letto in una recensione... "Il libro è la perfetta sintesi della qualità prima di Cameron, quella di dar figura a personaggi in doloroso equilibrio tra frustrazione e stupore, quello di chi non sa cosa aspettarsi dalla vita, si infila in garbugli crudeli e non sa trarre altro partito dagli incontri che il rammarico."
Vivamente consigliato.

mercoledì 22 maggio 2013

IL CANTO DEL GALLO


Ieri ho parlato di un uomo divorato dall'odio.
Oggi parlo di un uomo illuminato dall'amore.
Un amore puro, libero, ribelle, totale, fragile e imprevedibile.
Un uomo di chiesa... la chiesa più bella... quella che apre le porte e non teme l'odore della strada e della vita.
Un uomo che odorava di sigaro, pioggia e sogni audaci.
Pane e fede.

Ho ammirato la sua lucida visione.
Il suo aprirsi al mondo... il suo cercare la verità nelle pietre di un marciapiede... nei silenzi delle anime perse...
L'amore per i colori... 
L'amore per l'amore...
Portatore di una voce radicale... e non per questo non disponibile all'ascolto di voci diverse...

Un uomo che ho sempre trovato un alieno lontano anni luce dalla meschinità italica... 

Ci sono cose per cui vale la pena vivere e lottare...
Ci sono persone che è bello sentire parlare...
Ci sono uomini che non ti fanno pentire di essere carne e sangue.

Ciao Don Gallo... hai svegliato le coscienze... come il tuo nome ha sempre promesso.
Un chichirichi allegro e fiducioso.

Quando guarderò alzerò lo sguardo al cielo e vedrò una piccola nuvola più colorata delle altre... penserò a te e al tuo sigaro.

martedì 21 maggio 2013

AMEN


Ho appena sentito una notizia al tg che mi ha lasciato perplesso.
Uno scrittore francese di 78 anni che non ho mai sentito nominare, un certo Dominique Venner, si è sparato un colpo di pistola in bocca sotto l'altare di Notre Dame, per protestare contro la legge a favore dei matrimoni gay. 
Aveva annunciato un gesto eclatante nel suo blog solo poche ore prima.

"Ci vorrà certamente un gesto nuovo, spettacolare e simbolico per scuotere la sonnolenza, scrollare le coscienze anestetizzate e risvegliare la memoria delle nostre origini", ha scritto Venner, sul suo blog, condannando i matrimoni gay e annunciando la sua morte. "I manifestanti del 26 maggio hanno ragione di gridare la loro collera. Una legge infame che, una volta votata può sempre essere abrogata". Per Venner però "non basterà organizzare delle gentili manifestazioni di strada per impedirle (ndr le nozze gay)". Bisognerà invece procedere a una vera "riforma intellettuale morale". E ha parlato del rischio che "la Francia cada nelle mani degli islamisti". (fonte La Repubblica online)

Venner è un ex militante di estrema destra. Uno storico e un saggista molto noto. Un convinto assertore dell'assurdità di una legge che rende i cittadini (gli uomini) tutti uguali davanti alla legge (e per chi ci crede a Dio.)

Per me, Venenr, è solo un vecchio uomo mangiato vivo dall'odio.
Uccidersi per difendere un'ideale ha un senso se quell'ideale ha, appunto, un senso.
Uccidersi per limitare la libertà degli altri... per segnare una linea... qui i giusti e laggiù gli infami... gli impuri... i malati e i depravati... chi si uccide per dire che non ama ma odia... ecco, per me... è solo un vecchio stupido che non vede oltre i suoi limiti morali e culturali.

Un gesto politico assurdo.
Un gesto umano deprecabile.
Un gesto stupido... e inutile.

E la scelta di una chiesa dice moltissimo.
Dio è altrove.
E non vive nelle tue parole vuote e violente... caro Venner.

Riporto qui le parole del giovane scrittore Max Bosso lette su Facebook.

"Solo perché sia chiaro. E' l'odio ad avere spinto il signor D. Venner a spararsi davanti all'altare di Notre Dame. Non l'amore. Non la passione politica. Non un sentimento di nobile affezione per le proprie ideologie. Ma l'odio. Un odio così incontenibile da condurlo alla disperazione. Un odio così radicato e viscerale da fargli dimenticare che Dio, quello stesso Dio che alcuni immaginano (o sperano) spietato con gli omosessuali, con i suicidi non è, né sarà mai, meno crudele."

Amen.

lunedì 20 maggio 2013

TUTTI A TAVOLA!


Ogni famiglia ha i suoi riti e le sue abitudini.
A tavola, questi riti e queste abitudini, si manifestano in modo chiaro e rivelatore per chi guarda dall'esterno una piccola tribù durante la consumazione di un pasto. In quel momento si possono aprire finestre di comprensione fino ad allora chiuse o incomprensibili.
Intorno a un tavolo si parla, si discute, si litiga, si ride, si resta in silenzio, si guarda la tv, si mangia, si amoreggia, si raccontano storie... intorno a un tavolo i nodi arrivano al pettine... le tensioni si sciolgono o si intensificano... gli sguardi si cercano o si perdono.
Penso sia capitato a tutti di pranzare a casa di un amico o di una fidanzata... e di capire di quella persona molto di più in quelle due ore intorno a una tavola imbandita, guardando i rituali della sua famiglia e i meccanismi innescati con genitori e fratelli, di quanto si sia capito con una lunga frequentazione di mesi tra uscite insieme, bevute, cene e serate a girare per i locali della città.
La famiglia ti spoglia e ti riveste con una corazza diversa. 
Splendi nello stesso momento in cui ti spegni e ti adatti al contenitore come un liquido finalmente trasparente.

Il lavoro di Douglas Adesko racconta proprio questo piccolo mondo con i suoi equilibri, le sue leggi e le sue inattese evoluzioni. Per 10 anni ha girato per l'America e ha fotografato soltanto famiglie durante la consumazione del pasto. N'è venuta fuori una ricerca antropologica delle infinite abitudini delle persone, che possono cambiare radicalmente da zona a zona.

Piccole finestre aperte su un mondo privato... posizionando l'attrezzatura per lo scatto in modo tale da favorire l'interazione naturale tra i componenti della famiglia.

Penso alla mia famiglia e alla sua allegra confusione. Siamo in tanti (6 figli) e intorno alla nostra tavola... negli anni... ho visto e sentito di tutto. Perché quando ritorni a casa... dopo tanto tempo... c'è sempre un sapore che ti chiude il cuore e un ricordo che te lo fa sanguinare.











sabato 18 maggio 2013

IDIOTA


In ristorante stiamo lavorando per aprire la terrazza. 
Un'impresa edile si sta occupando dei lavori.
Tutte le mattine, come arrivavo in ristorante, trovavo un muratore di mezz'età e il suo aiuto, un ragazzo di 29 anni, intenti a demolire un muro per costruire dei muretti nuovi per la sala all'aperto. 
Io lavoravo e il ragazzo, ogni tanto, scendeva giù per chiedermi il permesso di riempire un secchio d'acqua, presumo per preparare il cemento, e altre volte mi chiedeva la gentilezza di riempire una bottiglia di plastica di acqua fresca per lenire il calore del sole che batteva sul tetto.
Piano piano abbiamo parlato un po' e ho scoperto un ragazzo timido, molto rispettoso ed educato, nonostante il look forte... con i capelli rasati come va di moda adesso, con una piccola cresta in punta, e i tatuaggi sulle braccia. 
Mi sorrideva sempre e io lo salutavo tutte le mattine con molta cordialità.
Solo dopo qualche giorno mi sono reso conto perché mi sembrava quasi sorpreso dalla mia gentilezza.
Una mattina, infatti, arriva un altro muratore con un camioncino per scaricare mattoni e sacchi di cemento e il ragazzo è sceso subito dal tetto per aiutarlo nell'operazione. 
Mentre uscivo dalla sala per entrare in magazzino ho assistito a una scena terribile: l'uomo sul camioncino si rivolgeva al ragazzo chiamandolo "idiota".
"Idiota... prendi questo... ma ti muovi idiota... non sai fare nulla idiota..."
Per un attimo ho incrociato lo sguardo del ragazzo... e lui non è riuscito a reggere l'espressione sorpresa e indignata del mio viso... e prontamente ha abbassato il suo di sguardo... vergognandosi per quell'umiliazione che poteva sopportare solo lontano da sguardi indiscreti.

Ho dovuto frenare la lingua per non dire quello che pensavo al cafone sul camioncino.
L'ho fatto solo per non rendere ancora più pesante la situazione al giovane muratore.
Sono rientrato in ristorante e ho ripreso il mio lavoro.

Dopo quell'incidente spiacevole il ragazzo mi guardava con un po' di imbarazzo... io allora gli ho offerto un caffè e gli ho chiesto qualcosa di lui.
Ho scoperto che è fidanzato, che ama ballare e vorrebbe fare altro della sua vita.
Ho sorriso e lui ha sorriso con i suoi denti un po' storti.

Mi dispiace non vederlo in questi giorni di convalescenza. Forse non lo rivedrò più perché quando rientrerò in servizio i lavori sul tetto saranno finiti. 

Essere gentili non costa niente e sul lavoro bisogna sempre rispettare tutti... indistintamente. 
Io lo so da sempre. 
Molti lo ignorano e usano il poco potere nelle loro mani per sottomettere chi sta sotto di loro.
Trovo tutto questo volgare, osceno e deprecabile.

venerdì 17 maggio 2013

A PICCOLI PASSI


Ora ho capito sulla mia pelle cosa sono le barriere architettoniche... fuori e dentro casa.
Mercoledì mi sono arrangiato saltellando sul piede sano (una fatica assurda!), ieri sono riuscito a procurarmi delle stampelle e un amico mi ha prestato una sedia d'ufficio con le rotelle. 
Grazie a questa sedia mi muovo per casa con meno problemi. 
Sono riuscito a farmi la barba e a lavarmi le ascelle restando seduto davanti al lavandino. Il bidet è stata un'impresa titanica. Scendere le scale con le stampelle... non ne parliamo... esattamente come dormire con il piede bloccato, vestirmi, mangiare, fare le cose più stupide come accendere la tv o prendere cibo dal frigo. 
Grazie a un amico riesco a fare tutto con un po' di fatica e molto stress mentale. Anche indossare una scarpa è impossibile. Ti senti ridotto al 30%. Un peso. Un elefante dentro una cinquecento. Sbatti contro i mobili... un filo del computer può farti inciampare... la cucina è un'isola lontana dove cerchi di arrivare per prepararti una tazza di tè'. 

Questa mattina ho fatto la prima medicazione. 
Ringrazio l'infermiera di nome Bonaria per la gentilezza e la disponibilità. Abbiamo parlato di lavoro, famiglia e piccole cose della vita quotidiana. Le ho chiesto da quanti anni lavora. Mi ha risposto 37 anni; spera di andare in pensione tra 4 anni per godersi un po' la vita e la famiglia. Ha solo un giorno di riposo a settimana e in quel giorno deve fare tutte le cose che non riesce a fare negli altri giorni (vedi spesa, pulizie, lavatrici ecc. ecc.). Passa tutta la settimana in ospedale assistendo le persone che chiedono aiuto per una caduta, una ferita o un dolore muscolare. 
E' stato un incontro positivo che mi ha stimolato una bella dose di endorfine... l'importanza di un sorriso e di una parola gentile. Sono tesori preziosi e aiutano molto di più di un tutore o una medicina.
Ho trovato anche un'infermiera che passa a casa il pomeriggio per farmi l'iniezione per rendere il sangue più liquido ed evitare il rischio di trombosi. 
Prossima medicazione martedì... ora mi attendono giorni di noia, acrobazie casalinghe e, spero, letture rilassanti per passare il tempo.

Qualcuno mi ha detto che sono fortunato: così almeno ti riposi un po'.
Per gentilezza ho evitato di mandarlo a cagare... ma dentro di me ho sparato una raffica di maledizioni.
Non so com'è... ma ho un'idea molto diversa di relax e non contempla una ferita da coltello e un'immobilità coatta di 15 giorni.
Il minimo che si può augurare a questi "bontemponi" è un riposo altrettanto creativo e stimolante. In amicizia... ovvio!

mercoledì 15 maggio 2013

CARNE TREMULA


Oggi mi sono alzato con un umore standard e una telefonata inattesa mi ha fatto bene al cuore.
Sono uscito di casa felice... saltellando sulle scale... in un musical tutto mentale che sentivo solo io... ma m'importava solo stare bene... sentirmi leggero... volare sull'asfalto... verso il mare e il cielo terso.
Al lavoro tutto bene. Ho condiviso la mia piccola felicità con i colleghi... mi sono messo a danzare felice... le mie gambe non riuscivano a stare ferme.
Una strana frenesia mi aveva preso tutto... pensieri che correvano a mille... idee... proiezioni future... un riconoscimento che non pensavo arrivasse mai e per una cosa che vedevo bella e importante solo io...
e poi...
... poi arriva l'attimo imprevedibile... ultimo tavolo di clienti... prendo la comanda... entro in cucina e sento un dolore alla gamba... abbasso lo sguardo e vedo la lama di un coltello dove non deve essere... 30 cm. di acciaio... guardo i miei pantaloni... vedo lo strappo... una macchia rossa si allarga sul tessuto dei jeans... 
"Cazzo... la gamba..." dico allo chef.
Mi nascondo dietro il bancone e slaccio i pantaloni per guardare cosa mi sono fatto... quello che mi appare è un taglio profondo di cinque centimetri... il sangue esce e io mi sento svenire... 
Il pizzaiolo mi soccorre... mi tampona come può con un telo... mi caricano in macchina... cammino a stento... arrivo in ospedale e vengo fatto entrare per fermare in qualche modo la perdita di sangue.
Un primo controllo fa capire al medico che è stato compromesso anche il muscolo. Vengo medicato e spedito in macchina in ortopedia (aspettare l'ambulanza richiedeva tempi biblici) e qui medicato, anestetizzato e ricucito internamente ed esternamente.
Mi lascio fare... anche se sento un forte bisogno di urinare... chiedo di poter andare in bagno e l'infermiere mi passa un pappagallo per liberarmi della pressione alla vescica. 
Quando finiscono di piazzarmi la valva (un gesso di plastica)... - io per un attimo capisco "vulva" - mi dicono che devo riposare 15 giorni e prendere delle medicine... tra cui delle iniezioni per evitare la trombosi.
Mi piazzano su una sedia a rotelle. I pantaloni insanguinati non riesco a rimetterli e così esco con una gamba infilata e l'altra no... in mutande... nella hall del pronto soccorso... in attesa di Fabio che venga a riprendermi. 
Torno all'ospedale e faccio la pratica per l'infortunio sul lavoro, poi, con Fabio, mi dirigo verso casa. Ci fermiamo un attimo in farmacia per prendere le medicine e poi, sotto un diluvio universale che ha scelto il momento più giusto per caderci sulla testa, tentiamo di arrivare al mio appartamento.
In mutande, con un ombrello mezzo rotto e saltellando su una gamba, mentre Fabio mi regge come può.
Oggi ho capito cosa vuol dire avere due gambe sane e funzionanti.
Ora sono a casa.
Ho trovato un'infermiera che giornalmente possa venire a farmi l'iniezione.
Mi servono due stampelle e un pantalone con il velcro per poter andare tra due giorni in ospedale per la medicazione. Mi sento Hulk solo per metà... grosso e invasivo.

La mia collega è mortificata... ha fatto una cosa sbagliata e pericolosa e io ci ho rimesso la gamba. Un vassoio di coltelli posizionato sotto il pass per fare delle pulizie; un coltello che slitta sugli altri e si posiziona con la lama verso il passaggio che porta dalla sala alla cucina. Io che entro per portare una comanda - l'ultima della mattinata - e in un attimo accade la tragedia.
Ma poteva andarmi molto peggio: se mi prendeva l'arteria femorale ci sarei rimasto secco in due minuti d'orologio.
Se passava Ernesto... il figlio della "capa" di solo un anno e mezzo... finiva molto peggio... lo avrebbe tagliato alla pancia o alla gola. 

C'è un senso in tutto?
Devo pagare per la mia felicità?
Oggi, la mia leggerezza, doveva essere ridimensionata?
Siamo solo carne... carne e ancora carne.
Imperfetti e fragili.

Mi sono spaventato... ho temuto il peggio...e invece... sorry... mi dovete ancora sopportare per un bel pezzo bella gente!

P.S. comico: proprio oggi ho ricevuto tramite facebook un invito da un amico per un'iniziativa dal titolo... "Ginnastica a piedi scalzi all'aperto"... e certo... come no! 
L'ho letto seduto sulla sedia a rotelle e ho riso come uno scemo in mezzo a una sala gremita di gente dolorante... compagni di gesso e rotelle.