giovedì 9 febbraio 2012

LUCA BORELLO: UNA QUOTIDIANA GUERRA


Continuano le letture degli ebook arrivati in finale nella seconda edizione del Torneo Letterario organizzato da Gems. Questa volta tocca a UNA QUOTIDIANA GUERRA, il romanzo di Luca Borello. Un libro attuale, tagliente, ironico e, per certi versi, spietato e con inaspettate venature horror. Tranquilli: non ci sono zombie, vampiri, serial-killer, morti ammazzati, fantasmi ululanti. Nulla di tutto questo. C'è semplicemente la realtà sociale ed economica di un paese allo sbando e i tentativi goffi e maldestri di un giovane precario per non perire miseramente sotto i colpi di una sfiga armata fino ai denti.

Il buon Luca mi ha concesso un'intervista e quello che segue è il resoconto della nostra chiacchierata.
Com’è nata l’idea di un romanzo che racconta le vicende di un precario con molti problemi personali ed economici?
      In realtà la vicenda che mi interessava raccontare era quella dell’alloggio. Volevo ficcare il protagonista in una situazione sempre più assurda e pressante, partendo però da presupposti banali. La questione del precariato (che di questi tempi è in effetti tristemente banale) non è stato che l’espediente più ovvio per inserire il protagonista in un contesto di fragilità, giustificando la sua ossessione per la vendita dell’alloggio. Lo stesso per i problemi di famiglia. Il punto era costringere il protagonista ad una progressiva erosione psichica e morale. Per inciso, credo che questo avvenga spesso in tempi difficili come questi. Ci si abbrutisce con più facilità.
Come lavori sui personaggi delle tue storie?
Nella fattispecie, il protagonista è modellato sull’esasperazione di alcuni miei tratti di personalità, funzionali alla vicenda. Sono alle prime armi, cerco soluzioni semplici. Gli altri personaggi sono le sponde contro cui la pallina-protagonista rimbalza per arrivare alla fine della vicenda. Nello sforzo di evitare un protagonista troppo forte e dei comprimari troppo bidimensionali, ho attinto all’esperienza personale, cercando di “inventare” il meno possibile, di “vederli” piuttosto che “crearli”. Poi, dal momento che gli altri personaggi sono presentati attraverso gli occhi del protagonista, probabilmente è più facile farli vivere. In realtà non sono autonomi.  Per questo trovo molto più difficile scrivere in terza persona, anche se mi sto addestrando. Mi pare che con la terza persona si debbano scolpire molti più dettagli, perché i personaggi devono riempire tutti la scena. Nel caso del mio romanzo, l’unica scena è nella mente del protagonista. Interessa solo quello che lui vede e racconta a se stesso.
La realtà supera la fantasia?
Di solito in peggio. Essendo che la realtà è “vera”, non può che superare la fantasia. La fantasia tendenzialmente è innocua. E se diventa vera non è più fantasia.
La tua passione per la scrittura quando nasce e dove e quando ami scrivere?
Ho sempre amato l’atto di scrivere, fin dai tempi dei “pensierini” alle elementari. Ho scritto il primo romanzo (un fantasy scopiazzato dal libro game “Ombre sulla sabbia”, della formidabile serie “Lupo Solitario”) in quinta ginnasio. Quell’anno mi hanno segato. Da allora la scrittura mi ha sempre portato dei problemi, e quindi è sempre stato un rapporto tormentato. Ho cominciato a prendere atto del fatto che non posso evitare di scrivere (a prescindere dai risultati) solo negli ultimi anni.
Di solito per scrivere preferisco avere tutta la giornata davanti, perché carburo con lentezza. Scrivo a casa, e penso di dare il meglio al mattino.
  L’accanimento verso il protagonista è un gioco al massacro voluto o casuale?
      Assolutamente predeterminato.
Il romanzo è attualissimo. Leggerlo è come tuffarsi nelle cronache giornalistiche e politiche di questi giorni. Cosa c’è da salvare in questo mondo al limite del collasso?
Se, e dico se, dal berlusconismo emergerà un Italia migliore, allora sarà da salvare persino lui. Lo stesso per la Crisi Economica Globale. Salvataggi preventivi non ne faccio. Mi pare però che dal letame di questa situazione stiano spuntando fiori. Pochi, ma spuntano. Speriamo che reggano all’inquinamento.     
La tua prima memoria culturale?
A un certo punto, prima di imparare “ufficialmente” a leggere, ho isolato le lettere della scritta FIAT sul frontalino di una macchina, appunto, della FIAT. Mi ricordo come le lettere (che nel logo dell’epoca erano racchiuse in quadratini) hanno emesso una specie di suono nella mia mente. Però penso proprio che prima qualcuno mi abbia detto che là c’era scritto FIAT. E solo dopo ho isolato le lettere.
Biografia in una playlist?
In ordine più o meno cronologico, le canzoni che hanno resistito nella mia vita e che si apprestano a resistere. E considerando che posso rinunciare a tutto tranne che ai Clash.

Pink Floyd, Time;
The Smiths, Half a person;
The Cure, Close to me;
The Madness, My Girl;
Cccp, Mi ami?;
Violent Femmes, Kiss off;
The Clash, Stay free;
The Clash, I fought the law;
Pixies, Where is my mind;
Tiromancino, La descrizione di un attimo;
Max Gazzè, Cara Valentina;
Jimmy Cliff, The harder they come;
Cat empire, In my pocket;
Gogol Bordello, Illumination;
Rino Gaetano, Catmandù;
Zen Circus, l’egoista;
Marlene Kuntz, Nuotando nell’aria;
Django Reinhardt, Minor Swing;
Elliot Smith, Needle in the hay;
Arcade fire, Neighborhood#2;
Cosa stai leggendo in questo momento?
Difficile dirlo perché leggo molti libri contemporaneamente, abbandonandoli e riprendendoli a seconda dell’umore. Sono certamente molti di più i romanzi che inizio di quelli che finisco. Mi capita di non terminare nemmeno romanzi che mi piacciono. L’ultimo che ho letto tutto di un fiato, e riletto quasi subito dopo, è “Il pesce scorpione” di Nicolas Bouvier. Un gioiello, per i miei gusti.            .
Mai compiuto illegalità nel nome della cultura?
Solo in nome della cultura, mi permetto di dire. Controcultura, quantomeno. A parte qualche cavolata adolescenziale assolutamente fine a se stessa, se pur ammantata di ribellione.       
Feticismi tecnologici?
    Uso un portatile Apple (che è acceso tutto il dì), ma la Apple non mi è simpatica, sono solo dei fighetti, e non credo si possa davvero sostenere che Jobs abbia cambiato il mondo, a meno di non essere, appunto, feticisti. Io sono convinto che uno dei problemi della nostra cultura è aver delegato il progresso umano alla tecnologia, che in effetti è sempre più formidabile, mentre l’uomo lo è sempre meno. Il mio portatile è probabilmente l’oggetto più utile che ho in casa, a parte gli accendini (che sono una gran bella trovata anche loro, se ci pensi); però per quello che contiene, non per quello che è.
Cosa odi e ami del web?
      Apprezzo la libertà, la mole di informazioni a disposizione, la rapidità della comunicazione. Odio la proliferazione incontrollata, il pressappochismo e, certe volte, proprio la rapidità di comunicazione, che può essere assillante. Il solo fatto di poter dire qualunque cosa non significa che devi davvero dire qualunque cosa, soprattutto se l’hanno già detta in ventimila in modo appena diverso. I contenuti vengono ripetuti piuttosto che rinnovati. Poi, alle volte, più che una “rete” pare un insieme di solitudini il cui dialogo è determinato non tanto dal fatto di voler costruire qualcosa, ma di ribadire la propria esistenza. Gran parte del “dialogo” sulla rete è assolutamente inutile e pretestuoso. Ah, e poi, come ogni tecnologia, tende ad addormentare: se la protesta del web arrivasse nelle piazze, forse il cambiamento sarebbe più rapido. Invece ci si limita a postare su facebook e twitter la propria indignazione. Scripta manent, ma a far la differenza sono le azioni.
Un gesto politico importante?
     Il nutrimento costante dei dubbi.
La frase-scusa preferita?
       Non ho sentito il telefono perché ero in bici (che però la maggior parte delle volte è la verità).
A 13 anni cosa volevi fare?
     L’archeologo. Ma tipo Indiana Jones.
Hai il potere assoluto per un giorno. La prima cosa che fai?
Lo passo a qualcuno migliore di me.
Se la tua vita fosse un film chi sarebbe il regista?
In questo momento tocca dire Edward D. Wood. Certi giorni lo sostituisce uno dei Vanzina, sbronzo. In passato ho avuto anche buoni registi, però. Speriamo si decidano a girare dei sequel.
Come spiegheresti a un bambino la parola: felicità?
Il contrario esatto del mal di denti.
Cosa conta più dell’amore?
Assolutamente niente. Il che può essere spaventoso.       
La tua casa brucia. Cosa salvi?
Assumendo che questo non avvenga in uno dei giorni in cui mia figlia è con me, credo il portatile. E la bici.
Se ti dico Italia…cos’è la prima cosa che ti viene in mente?
Una scarpa senza suola.
La volta che hai riso di più?
Le ghignate soffocate tra i banchi sono sempre le migliori, come tutte le cose fatte per la prima volta.
Una cosa che non hai mai capito della gente?
La tendenza alla rassegnazione. L’accontentarsi del quattrino, e poi finire in analisi.
Una cosa che volevi e non hai avuto?
Posso ancora ottenerla. O almeno illudermi.
 Un consiglio che non hai dimenticato?
Tieni duro. Fermati solo per prendere fiato e prepararsi a ripartire. Da un amico che non vedo da anni e che ha costruito il suo successo partendo da basi davvero, ma davvero, fragili. Uno di quelli che a lamentarsi con lui delle tue sfortune ti senti come lagnarti di un pessimo pasto con un bambino del Biafra.
Come valuti la tua esperienza al Torneo di Gems?
È stata una sorpresa. Non pensavo di arrivare in fondo, anche perché non consideravo il mio romanzo completo. Miravo fondamentalmente ad avere un riscontro preliminare (infatti avevo curato soprattutto l’incipit), e trovarmi pubblicato in e-book, a parte l’ovvia soddisfazione, mi ha un po’ spiazzato, perché avrei lavorato ancora su un paio di cose (anche tre). Sicuramente è un banco di prova molto utile, se ci si pone dal punto di vista di chi ha da imparare e non teme il confronto con il “pubblico”. Mi spiace che in certi ambienti venga squadrato un po’ dall’alto in basso, quasi alla stregua di un’auto-pubblicazione (persino la Generazione TQ ha preso questo granchio in un articolo apparso su Minima & Moralia). Non credo che il panorama editoriale e letterario italiano possa permettersi di essere così snob, e nemmeno nei salotti che si considerano più “illuminati”. Credo che il torneo di GEMS sia uno spazio importante per gli esordienti, unico nel suo genere, che di certo può aprire scenari “di mezzo” tra la tristezza ombelicale del self publishing (secondo il mio personalissimo punto di vista, e con tutto il rispetto per chi sceglie quella strada) e il sempre più arduo iter necessario per essere pubblicati in maniera “tradizionale” essendo forti solo della propria scrittura.
Cosa guardi in tv e cosa odi della tv?
Ho eliminato la TV. Non per snobismo, per carità. Solo perché stare davanti alla tv mi metteva tristezza, mi faceva sentire solo. Guardo film e telefilm sul computer. Ascolto molto la radio, ed è bellissimo.
Una frase che ti rappresenti?
Parafrasando l’Amleto: talvolta occorre essere crudeli per essere gentili.
 Quanto conta il sesso nella vita?
Moltissimo quando non c’è.
Il senso più importante?
Solo un odore può scavarti così nel profondo.
Il film animato preferito da bambino?
Sono indeciso tra Robin Hood e La spada nella roccia. Come serie, invece, anche se non me l’hai chiesto, Conan il ragazzo del futuro.
Cosa c’è sempre nel tuo frigo?
Le olive snocciolate per mia figlia.
Una cosa stupida che non riesci di smettere di fare?
Fumare.
Icone moderne?
Troppe. Così tante che il termine “icona” comincia a perdere di senso. Sarebbe più corretto parlare di “santini”. Ma se devo rispondere, dico il web.
Il vero lusso è?
Non aver necessità di lussi.
Progetti futuri?
Sfangarla anche domani. Disciplinare la mia scrittura.
Chi inviteresti alla cena dei tuoi sogni? Tre nomi.
Kurt Vonnegut, Romain Gary, Gianni Rodari.
Se alzi gli occhi al cielo a cosa pensi?
Dipende dal clima. Atmosferico, politico e personale.
*
L'intervista finisce qui. Grazie a Luca per la simpatia e la disponibilità. E, ovviamente, buona lettura!
ALIAS 

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